Lettre du 25 octobre 1551 (de Rome): "A messer SILVIO ANTONIANO, a Ferrara. Se non vi ho risposto prima, abbiate pazienza, come io l’ho d’un catarro, che n’è stato cagione; e m’ha concio questi giorni come Dio vel dica. Io ricevei prima la vostra de’ xij. di questo, e leggendola mi fu presentata la seconda de’ v. Nè finita di legger questa, comparse il libro del Sig. Pigna con la sua di tanti mesi innanzi, appunto in su quel che la vostra mi faceva menzione del suo libro, e di lui. Vi dico questo caso; sì perchè mi pare uno scherzo della fortuna, come perchè possiate dire a S.S. quanto tempo è stata la sua per viaggio. Ora mi rallegro prima dell’arrivo a salvamento di vostra madre; la quale saluterete da mia parte. Io le diedi a portarvi alcune medaglie: e non so perchè non mi diciate il ricevuto. Sarà pur vero che ne tegnate quel conto ch’io vi dissi. Mi piacerebbe se venisse dal grand’animo ch’avete: ma gli magnanimi ancora sogliono stimare le cose piccole, massimamente quando alcuna circostanza o del dono, o del donatore le ringrandisce. Ed in questo proposito vi voglio ricordare un’altra volta, che, se ben di qua se ne trovano per le vigne; non ce ne sono però le cave, come della pozzolana. E che, se non sono delle bellissime, e delle rarissime, non sono ancora nè tanto plebee, nè tanto disgraziate; che almeno la fatica d’averle procacciate non meriti una musata, se non un gran mercè. Ma sia con Dio; da ora innanzi spenderemo la nostra diligenza in cose che sieno più proporzionate alla vostra grandezza. Nè però ci assecureremo tanto di questa vostra sprezzatura, che ve le lasciamo un’altra volta razzolar tutte a senno vostro; poichè, quando l’aveste nelle mani, mostraste di stimarne qualch'una. E forse che non cavaste (come si dice) l’occhio della pignatta. Or quanto alla nota de’ rovesci; io non ve l’ho domandata per fare impresa d’interpretarli; ma perchè voglio tutti quelli che posso avere, per potere alle volte col riscontro di molte legger le lettere di tutte; supplendo quelle che sono intere, e bene impresse, a quelle che sono difettose, e logore. Questo è bene un preparamento alla dichiarazion d’essi. Ma io non ho tempo d’attendervi. Ed, avendo voi quest’animo, come dite, non voglio mancare di dirvi il modo che terrei, poichè me ’l domandate. La prima cosa, scriverei tutte le medaglie che mi venissero alle mani, o delle quali io potessi aver notizia, e i diritti, e i rovesci loro diligentemente, con tutte le lettere, così come stanno appunto, segnando quelle che non ci sono, o non appaiono, con intervalli, e con punti, con certi segni che mostrassero se sono o d’oro, o d’argento, o di bronzo, e con certi altri, che facessero conoscere, se sono o grandi, o picciole, o mezzane: e separatamente le Consulari dalle Imperatorie, e le Latine dalle Greche. E per ordine de’ tempi, il meglio che si potesse per la prima bozza. E questo scriverei, (partendo il foglio in due colonne) nella colonna prima; e secondo che le scrivessi, così terrei in un'altro libretto una tavola per alfabeto di tutti i nomi che vi trovassi, ed anco delle cose. Di poi studiando, secondo i nominati ne’ libri, riscontrerei i nominati nelle medaglie, e trovando i medesimi nomi, paragonerei i rovesci con le azioni; e le lettere, e le note delle cose con le descrizioni. E così si verrebbono a far di belli interpretamenti, tanto nelle medaglie, quanto ne’ libri. E queste io noterei brevissimamente a rincontro nella seconda colonna, con la citazione degli autori donde si fosse cavata, e non altro. Ed ognuno che studiasse, vorrei che facesse il medesimo, lassando agli altri il vano per quello non trovassi io. E questo è quanto occorre di dirvi intorno alla domanda che m'avete fatta. Resta, che se ’l trovate buono, lo mettiate in opera; che farà bello studio, e dilettevole. E per esempio, ne manderò una raccolta quando sarà in essere, con quelle poche annotazioni che si saranno fatte infino allora o da me, o da chi si sia. Quanto ai versi che m’avete mandati, come volete ch’io dica che non mi piacciono? Con la pena che mi proponete, in caso ch'io gli lodi, me gli fate lodar per forza. perciocchè vi siete avveduto ch’io farei peggio che dirne bene, acciocchè voi me ne mandaste spesso. Vi dirò dunque che sono bellissimi. Ma, se non me ne date il castigo che dite, di farmene vedere ogni settimana; non loderò più nè loro, nè voi. Vedete, a che stretta vi siete messo da voi medesimo, per astuto che siate: che vi bisogna, o mostrarvi infingardo, e non farne; o scoprirvi ambizioso, e confessare che le mie lode vi piacciono. Staremo a vedere come vi governerete. Dell’onorata compagnia che mi nominate, Al Sig. Cesano io sono già servitore di molt’anni, Il Pigna mi tengo già per acquistato. A questi due basta che mi raccomandiate, e mi tegnate in grazia. Col Signor Maggio io non ho per ancora entratura. E, per esser uomo tanto singolare, desidero d’esserli servitore. Se vi basta l’animo di far che m'accetti; offeritemeli, e voi state sano; e studiate. Di Roma, alli xxv. d’Ottobre. M. D. LI." (Paris, Bibliothèque nationale de France, Département des Manuscripts Italiens, Ital. 1707, fol. 255r – 256; Caro 1725b, lettre n° 7, p. 11-14; Bernetti 1907, p. 112-113; Castellani 1907, p. 313-314; Greco 1959, lettre n° 374, p. 109-111; Daly Davis 2012, p. 36-37).