Lettre du 26 juin 1728 (de Vienne): "Non vi feci nell’altra mia intorno alla medaglia Greca, che mi avete trasmessa, e che ho ricevuta, parola alcuna, perchè prima di scriverne ho voluto attentamente per ogni parte esaminarla e studiarla. La medaglia è indubitatamente antica, e di buon maestro, e direi anche di ottima conservazione, se non fosse che nella leggenda alcuni caratteri sono stati danneggiati dal tempo, non però in guisa, che a ben fissarvi l’occhio, dall’orme che vi sono rimaste, non se ne rilevi la vera e sincera inscrizione. Appena la presi in mano, che mi avvidi esser quella la testa, non già d’Ottone, come vi si è voluto far credere, ma quella bensì di Tito, figliuolo di Vespasiano. Le lettere, che chiaramente d’intorno vi si leggono, sono AY[TOTI] TOCKAI, cioè AYTO TITOC KAI, Imperator Titus Caesar. Così appunto l’hanno anche letta il P. Granelli, il Barone Scoti, e altri, ai quali l’ho fatta vedere. Nel rovescio poi v’è scolpito un bel Pegaso alato con l’epigrafe intorno, fuori della prima lettera, che vi si deve supplire, YΠEΠHNΩN, Hypaepenorum, che sono popoli della Lidia, presso i quali essendo in venerazione con altri numi anche il culto di Apollo, lo hanno nella vostra medaglia simboleggiato sotto la figura del Pegaso, che era ad Apolline consacrato : di che ne abbiamo nelle medaglie Imperatorie altri esempj, e in particolare in quelle di Gallieno. Eccovi la vera e genuina dichiarazione della vostra medaglia, la quale, se bene non è di Ottone, ma di Tito, è però degna di stima, poichè non si trova ancora, per quanto io sappia, registrata per entro i libri numismatici, e più accreditati. Non debbo lasciar di dirvi una osservazione gramaticale sul nome dei suddetti popoli, il quale in tutte le medaglie da me vedute o lette a loro spettanti, suole scriversi costantemente YΠAIΠHNΩN, cioè col dittongo AI nella seconda sillaba ; là dove nella vostra medaglia sta scritto YΠEΠHNΩN con la semplice E, effetto forse della pronuncia e del dialetto di quel popolo della Lidia. Ma di ciò abbastanza per ora. La serberò presso di me, sino a tanto che mi venga occasione sicura per rimandarvela. I giorni passati ho fatto acquisto con molte medaglie d’argento anche di un Pescennio di buona conservazione, e questo è il terzo ch’io tengo nel mio studio, tutti e tre con rovescj differenti. Tra esse vi era anche un Caracalla col Pacator Orbis, un Balbino con Victoria Augg. un Emiliano con Diana Victrix, un Salonino con Dii Nutritores, e parecchie altre bellissime, e tutte per pochissimi fiorini. Non credo che vi sia luogo, ove capitino alla giornata in più copia simili rarità, per la vicinanza della Transilvania, e della Vallachia, che erano l’antica Dacia, della Pannonia, ora Ungheria, della Macedonia, dell’Epiro, della Tracia, e di simili paesi tanto frequentati dalle Legioni Romane. Il male si è, che molti ne portano altrove, molti le tengono seppellite, e molti le fan passare in mano di persone, che ne fan traffico anche in questa città, pochi de' quali fanno capo con me, perchè sanno che le conosco meglio di loro" (Zeno 1752, vol. 2, lettre n° 262, p. 518-520; Zeno 1785, vol. 4, lettre n° 741, p. 249-251; Tomassoni 2021a, p. 153; Tomassoni 2022b, p. 87).