Lettre du 21 septembre 1674 (de Bâle): Copia di lettera (di mano di Alessandro Segni) del signor Carlo Patino al Serenissimo e Reverendissimo Signor Principe Cardinal de' Medici, Basilea 21 Settembre 1674: "Ricevo col dovuto ossequio la lettera della quale si è compiaciuta la Altezza Vostra onorarmi; ed attribuivo a mia gran fortuna il poter corrispondere alla sua bontà, e di venir degno della sua benevolenza. Tutta la posterità curiosa terrà insieme con me eterna obbligazione a Vostra Altezza per la comunicazione che ella vuol fare al pubblico delle sue rarissime medaglie, ed io presserò il signor Andreini per poterle ricevere più per tempo che sia possibile. Le pubblicherò pertanto in buona compagnia trovandomi ne' miei manoscritti i disegni di più di tremila rovesci di bronzi, non mai più messi in luce. Questo numero sorprenderà l'Altezza Vostra, ma quando Ella saprà ci comprendo solamente le medaglie greche, quelle delle Colonie, e le Latine più preziose, Ella avrà maggior materia di meravigliarsi. Ne ho dato questo cenno per corrispondere in qualche modo all'onor che Ella mi ha compartito in volersene informare, assicurandola inoltre che spero farle presentare tutto in Firenze l'estate futura. In ordine poi alle due medaglie d'oro delle quali Vostra Altezza onora chiedermi i miei sentimenti, rispondo che una di loro ha il carro di Eliogabalo col trionfo del Dio Syrim di cui l'Imperatore si era fatto Sommo Sacerdote. Summus Sacerdos, invictus sacerdos, sacerdos Dei Solis Elagabalus. Gli antichi hanno molto parlato di questo preteso Dio. Io ne ho riportato alcune cose nel mio libro degli Imperadori p. 329 e due volte ho posseduto questa stessa medaglia d'oro.
L'altra è più difficile a dichiararsi ed oggidì si è così delicati in materia di cognietture, che a meno di appogiarle con gran saldezza saria meglio il tacerle. Io non posso però negare a Vostra Altezza il pensiero che mi è caduto in fantasia, benchè io non voglia però dargliene sicurtà. Credo pertanto doversi così leggere la medaglia Licinius Augustus OB decimum V quintum FILII SVI annum aetatis. Licinio regnò quattordici anni. Suo figlio fu fatto Cesare in età di 20 mesi. Queste due circostanze notate dagli antichi, congiunte insieme, accennano che apertamente Licinio, superbo come egli era, ne possa aver fatta la medaglia per così lieta memoria. Ecco in termine Vittore Costantinus M. Licinianum Licinii filium mensium fere XX Caesarem fecit: Licinius annum dominationis fere post XIIII vita proxime LX occiditur.
Ecco Eutropio Licinius annum dominationis fere post quintum decimum occiditur. Si può non essere scrupoloso intorno alle fattezze della scrittura, che è una dependenza delle buone lettere, quali appunto Licinio odiava come peste pubblica. Ecco le parole di Vittore Infestus litteris quas per inscitiam immodicam virtus ac pestem publicam nominabat. Il nome dell'Altezza Vostra Serenissimo Signor sarà bene scritto nella Posterità, e se l'odio che questo Imperad. aveva per le belle lettere ha lasciata malscritta la sua medaglia, non si debba già dubitare che Vostra Altezza non trovi a sua comparazione una gratitudine eterna per qualità tanto opposte.
[...] Può Vostra Altezza da se medesimo giudicarne meglio di me ; ella ha due persone molto perspicaci in simili scoprimenti, alle quali io sottopongo interamente le mie cognietture, potendo il signor Cameli e il padre Noris suggerirne senza dubbio delle migliori.
Il Γ gamma che è al carro di Giove, si può applicare a qualche città dove fosse battuta la medaglia in maniera che le quattro lettere direbbero Signata Moneta Nostra Γ in qualche città greca, il nome della quale cominciasse per questo carattere, che anche fosse scritto in greco in una medaglia latina. Può essere che quivi faccia l'effetto di un C; può esservi messo in luogo di un Γ. Io ho degli esempi di (tutto), e benchè vi sia della barbarie l'ignoranza dell'imperatore, e la declinazione del secolo può scusar tutto. Appresso di me vi è una piccola medaglia pulitissima di Costanzo Cesare, nel rovescio della quale in mezzo di una corona vi è VOT XX Γ, ed è un gamma chiarissimo. Questo Costanzo era di quei tempi, e mi fa credere non vi essere mancamento, ma una lettera è troppo piccola notizia per poter indovinare una città. Io mi piglio la parte dovuta per l'accrescimento del tesoro di Vostra Altezza e le cose più belle, non saprebbero cadere in mani più degne, onde quando considero che queste sono si liberali e comunican tutto al ben pubblico, dico che mai si saprebbe contribuirvi abastanza. Stimo assaissimo le mie medaglie e forse più che non si converrebbe a persona della mia condizione, ma io non avrei pertanto alcun rammarico di vederle sì ben collocate nel gabinetto di Vostra Altezza. Voglio dir Serenissimo Principe e ch'offerisco alla Altezza Vostra tutto ciò che le posso offerire. Ne ho una serie di Consolari le più belle che io abbia veduto dopo quelle del Re. Una serie di grandi di bronzo scelte, e una di mezzane pur scelte. Una serie di imperiali d'argento. Io non parlo de' Medaglioni de' quali ne ho trentacinque, né d'una trentina di medaglioni d'argento, nè di trenta o quaranta quinari d'argento. Se questo piccol cenno della lor qualità può recare a Vostra Altezza qualche soddisfazione, ne avrò io molto superiore di incontrar questa piccola occasione per servirmela e la abbraccerò subito di buon cuore.
Chiedo perdono a Vostra Altezza di aver scritto in Franzese, la mia debolezza è troppo grande nell'Italiano, e benchè io l'intenda, non ardirei mettermi a scriverlo. [...]
Nel serrar della lettera mi sovviene un'altra cogniettura, permettami Vostra Altezza di scriverla. Non potrebbe egli leggersi LICINIUS AUGustus OB DUO V quinquennalia Filii sui perchè il rovescio mostra che i X anni erano spirati che io applicherei piutosto all'esaltazioni del Figliuolo alla dignità di Cesare che del Padre a quella dell'Imperio." (Firenze, Archivio di Stato, Carteggio d'artisti, XXI, inserito 16, cc. 255-257; Bottoni 1989, p. 120-123).