-Lettre de 1601-1602 (de Padoue) : « [f. 141] Al Sig. re Lelio Pasqualini, Roma, Molto Ill.re Sig.re mio oss.mo Sì come sotto i primi Imperatori romani in tutte le Monete che si battevano fuori di Roma, et prencipalmente nella Grecia, oltre le imagini et nomi degli Imperatori si solevano quasi sempre aggiongere nomi, et proprie imprese della Città dove erano cogniate (sic); il che si vede continuato chiaramente sino a tempi di Gallieno, et più oltre. Parveme sempre troppo strano che si fosse poi discontinuata questa usanza sotto i posteriori, sotto i quali si trovano pochissime medaglie con nimi intieri, o particolari imprese di altre città che di Roma. Onde io m’andai imaginando che certe letterine poste in fundo de’ roversci (sic) di dette Medaglie posteriori potessero dinotare i luoghi dove erano le zecche della Moneta. Il che ben che non fosse senza qualche difficoltà in certe Medaglie molto bizarre, bisognò nulladimeno risolversene senz’altro poiché distinctissimamente vi si trovano scritte in alcune, queste notte (sic)
URB.ROM. cioè in questo modo Urbis Romae
ARL./AR./P.ARL. Arelatensis
LUGD./LG./P.LG. Lugdunensis
TR./P.TR. Triberorum
AQ./S.M.AQ. Aquileiensis
SIS./S.M.SIS. Sisciana
Che sonno giusto i sei luoghi, ne quali erano stabilite le Zecche della Moneta dell’Imperio occidentaòe, mentionate nella notitia utrusque Imperij Romani. Et in altre queste che rispondono commodamente ad altre tante Città dell’Imperio Orientale.
CON. cioè Constantinopolis
ANT. Antiochensis
ALE. Alexandrina
TES. Thessalonicensis
N. Nicomediensis, vel Naissavensis
[f. 142] Le quali non occorre cercare nella Notitia Orientale, poiché non vi si trovano espressi i luoghi della Moneta, come nell’occidentale. So che se ne trovano dell’altre con diverse note, ma non ci mancano ne anco spositioni molto probabili, ch’io tacerò per hora per tema di tediarla. Basta che giovò molto questa mia opinione ciò che trovai poi, che il Sig.re M. Velsero lib. 7 Rerum August. et avanti a lui l’Ortelio nel suo Itinerario havevano havuto qualche simile pensiero delle Medaglie di TReviri, AQuileia, et LUGdunum, benché non facendo essi distintione de’ metalli, non mi puotero sodisfare in tutto.Anzi passando più oltre, et gustando ciò che dice Antonio Augustino delle lettere CON OB per segno della qualità dell’oro Obryzato mentionato tante volte nelle Leggi Monettarie. Osservai che sì come non si trovava mai tal nota in Medaglie d’altro metallo che d’oro, così invece di CONOB vi si leggeva spesse volte
LUG.OB. TES.OB.
TR.OB. MD.OB.
AQ.OB. COM.OB.
Le quali note non convengono male alle sudette città di Lione, Treviri, Aquileia, Tessalonica, et Milano. Ch’in ogni modo se ben non si trovano mentionate nella Notitia occidentale fra le altre Zecche, non però vorrei escluderle totalmente della facoltà di battere Moneta. Non trovandosi che sia stato osservato l’ordine intiero della Notitia sì essattamente che non habbia potuto ricevere molte mutationi, sotto diversi Prencipi; massime scrivendo di milano Ausonio. Et Mediolani mira omnia ecc.Templa, Palatinaeque arces, OPULENSQUE MONETA ecc.Et di Cartagine trovandosi buon numero di Monette (sic) col suo nome intiero, sino a i tempi di Massimiano et Constantio Chloro. In Londra similmente cognominata Augusta, trovasi mentionato nella Notitia, un prepositum Thesaurorum Augustensium in Britannia. Et non è senza apparenza che vi si potesse battere [f. 143] Moneta, poiché molti Prencipi vi hanno fatta residenza anzi assonto l’Imperio, nella cui attione non solevano omettere di far prontamente cogniare (sic) Monete sì come vedesi appresso Lampridio, che subito che fu fatto Imperatore Diodumeniano, si batté Moneta a suo nome in Antiochia; et appresso Pollione, che subito che Gallieno hebbe fatto Odenatho partecipe nell’Imperio subito fece battere Moneta a nome di lui; et appresso Vopisco di quel FIRMUS che occupò l’Egitto, al quale il battere Moneta et chiamansi Augusto, fu tutto uno. Ma l’ultima COM.OB. benché sia la più frequente, è nodimeno stata sempre la più difficile di tutte appresso di me. Non potendosi facilmente accomodare ad alcuna città degna della continua residenza in varij tempi de Ministri della Moneta che n’habbino potuto battere una quantità sì grande come è quella che se ne trova ancora in Medaglie d’oro dal tempo di Theodosio maggiore, sino a quello di Giustiniano, le quali per la maggior parte non si trovano haver altro segno. Pure io non voglio taccerle un certo mio apriccio fondato sopra varie congietture; ma principalmente sopra l’auttorità di quel Magnone che ha fatto una collarìtione de Notis Giaris nel secolo di Carlo Magno nelle quali gli interpreta chiaramente OB. Obryziacum. Pure io stimo che si possa commodamente interpretare per Moneta COMITIACA o OBRYZIACA, o per solidus COMITIACUS, OBRYZIACUS, se non le piace più di leggere COMITIANA et COMITIANUS, trovandosi tutte le due locutioni usate in quei secoli, et forze anco COMITATENSIS, tornando tutto ad uno: cioè di quelli solidi ch’eranno battutti (sic) in Roma o altrove della immediata auttorità del COMES SACRARUM LARGITIONUM al quale erano sottoposti tutti i Procuratori Monetarij, et anco il COMES AURI, COMES METALLORUM, et altri tali afficiali della Moneta, secondo l’espressa dispositione della Notitia Orientale et Occidentale. Et delli scrinij (sic) AUREAE MASSAE, Auri ad responsum, Argenti a pecunijs ecc. et gli Orefici specierum, solidorum, scoltori, argentarij comitatenses, a pecunijs ecc. [f. 144] Del resto gli dirò che l’Habito Heroico con le spalle mezze igniude, et mezzo vestite nel quale si solevano anco dipingere le persone letterate, et celebri, mi fa pensare che l’intaglio con lettere L.L.C. rappresenti qualche gran letterato. Hor io non trovo altro a cui meglio si possino accomodar dette lettere che a quel celebre L.LICIN. CRASSUS, che fu console et collega di C. MUCIUS SCAEVULA PONT. MAX. Anno Urbis DCLX. Onde è la denominatione della Lege MUCIA LICINIA de regendis in sua Civitate socijs, quam duo coss. Omnium quos vidimus (inquit Ciro [?] apud Ascon.) sapientissimi tulerunt. Questo fu discepolo di L. Caelio Antipatro, et tanto avanzò che nell’età di 19 anni, secondo Tacito, accusò G. Graccho huomo Consolato et disertissimo [?]. Andò in Athene et fu Auditore di Metrodoro Rhetore, con riputatione, per quanto si cava da Cicerone de Orat. 3. Fu Tribuno Plebano, Edile, Pretore et Console. Venne poi in Gallia ove haveva meritato il Triompho se la sua modestia, et l’honor ch’egli portava al suo Collega non gliel’havesse impedito; fu Censore l’anno DCLXIII. Egli fece molte attioni in publico Celeberrime nel età di 27 anni per licinia Virgine, nella qual causa fu eloquentissimo. Et poi per CN. Planco, per COL. NARBONENSI (il che è ben da notare, sendosi havuta la pietra in Narbona istessa, vicino alla quale città vogliono sia stata trovata) Pro lege servilia (quam Crassi orationem sibi quasi magistram a pueritia fuisse, Cicero scribit, in qua et authorita ornaretur senatus, pro quo ordine illa dicerentur ecc.) Gell. Lib. 15 C 18 la quale si trovava ancora a tempi di Prisciano” (Aix-en-Provence, Bibliothèque municipale, ms 209, f° 141-144; voir Carpita & Vaiani 2012, lettre n° V, p. 40-43).