Nicolas-Claude Fabri de Peiresc - Lelio Pasqualini - 1602-12-4

From Fina Wiki


Nicolas-Claude Fabri de Peiresc, Montpellier

Nicolas-Claude Fabri de Peiresc - Lelio Pasqualini - 1602-12-4
FINA IDUnique ID of the page  11183
InstitutionName of Institution. Carpentras, Bibliothèque Inguimbertine
InventoryInventory number. Ms. 1809, cc. 252r-253r
AuthorAuthor of the document. Nicolas-Claude Fabri de Peiresc
RecipientRecipient of the correspondence. Lelio Pasqualini
Correspondence dateDate when the correspondence was written: day - month - year . December 4, 1602
PlacePlace of publication of the book, composition of the document or institution. Montpellier 43° 36' 40.46" N, 3° 52' 36.23" E
Associated personsNames of Persons who are mentioned in the annotation. Markus Welser, Nicolò Contarini, Benito Arias Montano
LiteratureReference to literature. Orsini 15701, Carpita - Vaiani 2012, lettre n° XV, p. 77-802
KeywordNumismatic Keywords  Wax Cast , Gems , Soli , Cilicia , Sulphur Cast , 30 Tyrans , Rome , Constans , Gallienus , Antioch , Roman Provincial , Theodosius , Rivers , Orontes
LanguageLanguage of the correspondence Italian
External LinkLink to external information, e.g. Wikpedia 
Map
Loading map...
You can move or zoom the map to explore other correspondence!
Grand documentOriginal passage from the "Grand document".

-Lettre du 4 déc. 1602 (de Montpellier) : « [f. 53] Al Sig. re Lelio Pasqualini, Roma, Molto Ill.re et m.to R.do monsig.re mio oss.mo, Il plico del sig.re Abbate Montano delli 8 settembre è talmente andato a traverso questa volta che sin’alli 25 di Novembre non m’è venuto nelle mani, ne per consequente la lettera scrittami da V.S. tanto cortesemente quanto sò certo di non meritare, massime non havendola scritta senza molto suo incommodo un giorno di solemnità nella chiesa sua; sì che l’ho da ringraziare doppiamente, et lo fò quanto più posso affettuosamente; sì come della molestia ch’ella s’è degnata pigliare andando dal Sig.re Abbate montano per intendere nuova di me, con che (oltre a molti altri segni) l’è piacciuto dicchiararme la memoria che si degna voler tenere di me. Io posso assicurare V.S. ch’in tanti favori ricevuti da lei io non sento altro disgusto, fuor che quello di non poter far per lei cosa veruna in corrispondenza, mà se la prontezza dell’animo, dove manchino le forze è bastante a sodisfare in parte a debiti ch’altri habbia, io in questa guisa, so certo di pagare quella parte che in tal maniera si può. Feci vedere altre volte a V.S. il pronto in cera di Spagna d’un Saffiro grande, ove si vedeva una caccia di Cinghiale, con certe iscrittioni greche et latine: hor havendone questi giorni passati ricevuto dal Sig.re Marco Velsero d’Augusta un discorsetto raccolto et messo insieme dal patron della gioia, non hò voluto mancare di farne parte a V.S.; non sò se sarà di suo gusto, desidero [f. 54] con ogni suo commodo intenderne il suo parere. Con occasione del’Amethisto di V.S. con lettere ΔΙΟΣΚΟΡΙΔΟΥ V.S. sà che volsi farle vedere un pronto d’un nicolo con la testa d’Augusto, et il nome di quel medesimo celatore; mà il mio sig.r padre non seppe trovarlo frà le mie baggaglie; hora che sono più vicino di casa, m’è stato più facile di dargli ad intendere ove l’haverebbe trovato; l’ho havuto finalmente, et lo mando a V.S., pregandola che si degni dirmene liberamente se lo tiene per antico, ò nò; se si guarda alla forma et maniera de caratteri greci, alla profundezza della recchia; all’occhio così ben ricercato; alla capellatura senza alcuna affettatione, come anco nelle sue medaglie; alla guancia così ben unita nella quale a pena si spargono le rughe che pur vi sono, a tutte quelle fattezze tanto naturali; et finalmente a tutta l’aria tanto somigliante a quella d’Augusto nell’ultimi annia del suo imperio, et quello che dovono dir prima dell’insolita grandezza, et si squisita bellezza della pietra; pare che non si possa opponer niente, et non solo pare ch’habbia da far niente con le opere di questi nostri moderni grossolani, che frà gli antichi stessi, non pare che possa venir da altra mano che da Dioscoride. Mà d’altra parte l’importanza della cosa mi fa dubitare che li miei occhi s’ingannino: che l’essere quasi tropp grnade la pietra da leggare in annello (sic), non mi nocerebbe niente; havendo io molte belle auttorità che gli annelli più grossi fossero li più honorati, et che tali, et ancor più grandi si soglessero dare alli Philosofi, con le altre insegne honorarie; come le potrò cittare ogni volta che le piaccia. In somma io mi voglio regolare all’opinione di V.S. et se le pare che sia anticha, [f. 55] la preggo di non farne motto ad alcuno, che per sorte non venisse all’orecchie del patrone, et che non vi si incappricciasse sopra, non ch’io habbia intentione di pagarla manco di cento scudi, che tanto la paggarei a caro che sia antica, se bene egli me ne chiedesse molto manco; mà percioche egli vi si incappricciasse sopra, preggio alcuno non gliela potrebbe cavare di mano, et sarebbe peccato in certo modi di dire com’è quella. Le mando ancora un poco di trassonto del pronto che le dissi aver veduto, ov’è una testa con l’istesso conciero dell’Empedocle di V.S. con lettere sotto il naso ΑΕΤΙΩΝΟΣ, le quali m’hanno fatto ciavariar [sic per travagliar] un pezzo per non trovar alcuna persona segnalata di tal nome, se non ne’ secoli posteriori, ne quali non so se bastasse l’animo alli artefici di scolpire una così buona testa. Finalmente mi vo quasi persuadendo che questo sia il nome del scoltore, et che l’effigie sia di qualche grand’huomo molto noto in quei tempi, et chi sa che non fosse di Solone? (che di quello ch’hà dato fuora l’Ursino ne fò molto poco capitale). Non sarebbe del tutto fuor di proposito trovandosi la medesima nella medaglia del sig. Contarini della città di Soli in Ciliacia, fundata, secondo alcuni, da Solone; et in tal caso presuponendosi che Solone si fosse partito d’Athene per qualche gran dispetto, come vogliono molti, et ch’havesse regolato i costumi di questo popolo; non saria gran cosa ch’havesse accettato la Cydari regale, propria di quei paesi orientali. Ad altri non ardirei spiegare questi pensieri così balordi, mà con lei mo fò lecito di parlar familiarmente, sicuro che non lo farà palese ad alcun altro, come ne la prego. L’occasione di questa foggia di pronto così commoda da mandare innanzi e in dietro per corrieri, senza periculo che vaddia in [f. 56] pezzi come il solfo, m’hà fatto aggiungere a questo piego il trassonto del Mario (uno dei trenta Tyranni sotto Gallieno) del Giovino (se pure si potrà godere per la bassezza del rilievo) del Basilisco, et d’una medaglia d’oro di Costanzo ch’ebbi questi giorni, nel cui rovescio si veggono due figure sertate, l’una della città di Roma senz’altro, l’altra, a mio parere, della città d’Antiochia le lettere sotto S.M.ANT. vi sono a punto espresse com’è in quell’altre che le mandai da Padova di Teodosio, et la figura è la medesima che in quell’altre, fuor che la vittoriola che tiene in mano, la quale mi pare non poco a proposito per darci ad intendere la concorrenza di questp popolo con il Romano; havendo fatto l’hasta, la vittoriola et il grado medesimo communi all’una et all’altra città. Il rostro di nave che tiene sotto i piedi (il quale si scorge pure in quelle medaglie di Teodosio, se ben non così spicato) si vede ch’è posto in vece della mezza figorina del fiume Oronte; che forzi per ciò che già dalla città Christiana si cominciavano a lasciar gli Idoli poco a poco, fin che non si tennero quasi altri simulacri che dai Principi della Città, et delle Vittorie. Del tutto però mi remetto, come farò sempre, al prudentissimo giudicio di V.S. alla quale con infinito affetto bacio le mani. Di Montpelier alli 4 Xbre 1602. Devotiss.o serv.re De Peiresc. P.S. M’è dispiaciuta l’infermità del Borgianni, mà mi rallegro che sij passata; V.S. mi favorirà di salutarlo caramente di parte mia, si come il Sig.r Ottaviano Sada, dal quale desidererei intendere se si continuò mai di stampare altro dell’opere di Antonio Agostini; hò fatto venir da Spagna tutte che si sonno potute trovare cioè li discorsi delle medaglie in spagnuolo in 4°, li Dialoghi, De Emendatione Gratiani in 4°, Canones Poenitentiales in 4°, Antiquae collectiones Decretalium in fol. stampato del 1576, mà non c’è la quinta collezione promessa nel principio, vorrei sapere di certo se ci manca; l’ultimo è Juris Pontificij veteri epitome in fol. un tomo solo della prima parte; saprei volentieri se s’è poi stampato niente De rebus et de judiciis, ò altre sue opere fuor di quelle che sonno stampate in Lione” (Aix-en-Provence, Bibliothèque municipale, ms 209, f° 53-56; Si tratta di una copia: in calce al f. 53 è scritto “au Reg. 41.1 a fol. 252”. La minuta autografa di Peiresc è infatti alla Bibliothèque Inguimbertine di Carpentras, ms. 1809, cc. 252r-253r. La lettera è parzialmente copiata da Esprit Calvet, Avignon, ms. 2349, c. 276r-v. Parzialmente edita da Jaffé 1992, p. 116; voir Carpita & Vaiani 2012, lettre n° XV, p. 77-80).

References

  1. ^  Orsini, Fulvio (1570), Imagines et elogia virorum illustrium et eruditor(um) ex antiquis lapidibus et nomismatib(us) expressa. Cum annotationib(us) ex bibliotheca Fulvi Ursini. Romae, Ant. Lafrerij formeis (in fine: Venetiis, in aedibus Petri Dehuchino), MDLXX (1570), in-folio, 111 p.
  2. ^  Carpita, Veronica - Vaiani, Elena (2012), La correspondance de Nicolas-Claude Fabri de Peiresc avec Lelio Pasqualini (1601-1611) et son neveu Pompeo (1613-1622), Paris.