-Lettre du 9 août 1727 (de Vienne) : « Dall’amico Bertoli ho ricevute due copie del libro dei medaglioni gia nel Museo Certosino : l’una è per voi, al quale egli ne fa un cortese dono. Martedi dal Panagia, dal Garelli, e da altri dell’anno passato, sotto la presidenza dell’Eccmo Sig. Camerier Maggiore Conte di Cobentzel, si è cominciata la revisione del Museo Certosino, alla presenza del Sig. Bertoli ; ma io non ho voluto intervennirvi, benchè ne avessi per mezzo di S. E. il commando sovrano ; e me ne sono destramente scusato appresso di S. M. col debito del lavoro dell’Opera, e quella ristrettezza del tempo, che ho per finirla. La ragione addotta è stata approvata : ma molto più la taciuta ; e vi assicuro, che questa mia risoluzione, presa non tanto da me, quanto col parere de’ miei padroni e buoni amici, ha partorito un ottimo effetto. Se io ci fossi intervenuto, mille contrasti nefarebbon seguiti : perchè i due primi nominati di sopra giudicano la verità delle medaglie con la loro passione, non col loro sentimento. Ne rigettano le più belle, come false e sospette, quando si sa che in Roma vedute ed esaminate da più accreditati antiquari, non solo di quella città, ma di tutta Europa, per il corso di 40 e più anni, non hanno inctontrate dubbiezze e difficoltà. Il Panagia però, che maneggia la cabbala, non ha voluto che elleno sien sengante nel catalogo, oppure riposte a parte dall’altre, asserendo di volerle prima meglio oservare e considerare. Il fatto è, che il Bertoli col mio consiglio, di che pure non ho mancato di prevenire tanto S. M. quanto il Caemerier Maggiore, non le lascerà a disposizione del Panagia, se prima o l’una o l’altra di queste due sia stabilita : l’una, che l’antiquario attesti che tutte son buone e legittime, aggiugnendo di aver ritrovati tutti i pezzi espressi nel catalogo ; l’altr, che quelle che saranno trovate false o sospette, sieno messe in una scattola ben sigillata, e inviate a Roma al Sig. Cardinale Cienfeugos : acciocchè primieramente faccia riverdele dal P. Proccurator Generale del PP. Certosini, e riconoscerle, se sono veramente le stesse, che erano in quel museo, e al Bertoli consegnate ; e poi acciocchè riconosciute per esse, S. E.m. le faccia visitar di nuovo da’ Monsigg. Bianchini, Vignoli, ed altri dotti e periti uomini, i quali abbiano a darci sopra il lor positivo giudicio, che approvi o confuti i dubbi del Panagia, il quale con ciò verebbe a rendersi ridicolo più di quello che è, a tutta Roma. Queste due diligenze sono assolutamente necessarie : la prima per la riputazione dell’amico, e l’altr per il decoro del Museo Cesareo, dal quale si dee escludere qualunque cosa sia falsa o sospetta. So che avete piacere d’intendere ogni cosa, che riguarda questo affare, e però mi son volute stendervi sopra, iccome farò per tutto quello che andrà succedendo. Io me ne sto in pace; ascolto, e me ne sto dissimulando, non però in guise che trascuri cosa alcuna, ove possa giovare all’amico, e alla verità. Non so se il P. Alfani mi manderà una copia del suo giudiccione : ma in ongi caso ne proccurerò altronde per mezzo vostro » ; « La spiegazione vostra della inscrizione DEO GAVTE PAT è a mio credere più ingegnosa che vera. Seguitando di questo passo, si dirà che siete della scuola dell’Arduino » (Zeno 1752, lettre n° 245, p. 485; Zeno 1785, Lett. 721, p. 204; Tomassoni 2021, p. 57, note 164, p. 59-60, note 175).