Giuseppe Bianchini - Antonio Francesco Gori - 1732-10-11

From Fina Wiki
Revision as of 10:40, 23 September 2019 by FDeCallatay (talk | contribs)
(diff) ← Older revision | Latest revision (diff) | Newer revision → (diff)


Giuseppe Bianchini, Rome

Giuseppe Bianchini - Antonio Francesco Gori - 1732-10-11
FINA IDUnique ID of the page  1694
InstitutionName of Institution. Florence, Biblioteca Marucelliana
InventoryInventory number. BVII 3, f° 13v-14r
AuthorAuthor of the document. Giuseppe Bianchini
RecipientRecipient of the correspondence. Antonio Francesco Gori
Correspondence dateDate when the correspondence was written: day - month - year . October 11, 1732
PlacePlace of publication of the book, composition of the document or institution. Rome 41° 53' 41.28" N, 12° 29' 7.22" E
Associated personsNames of Persons who are mentioned in the annotation. Scipione Maffei, Bernard de Montfaucon, Jacob Spon
LiteratureReference to literature.
KeywordNumismatic Keywords  Dissertation , Draftsman
LanguageLanguage of the correspondence Italian
External LinkLink to external information, e.g. Wikpedia 
Map
Loading map...
You can move or zoom the map to explore other correspondence!
Grand documentOriginal passage from the "Grand document".

Lettre du 11 octobre 1732 (de Rome): "Scorgo dal gentilissimo foglio di VS. Ill.ma che ella ha ricevuta in buona parte la mia sincera protestazione fattale intorno alla pubblicazione del monumento del Cistoforo della dea Bellona, onde con maggior coraggio ora potrò pubblicare la mia epistolare Dissertazione con fare in essa un’onorata menzione del di lei chiarissimo nome. Vedo con quanta maestria VS. Ill.ma tratti una tal sorte di monumenti, e però io per approfittarmi sempre più del di lei raro sapere mi fo coraggioso di ripetere alcune cose su lo stesso argomento con questa umilissima mia, per riceverne il suo da me venerato giudizio circa alcuni dubbi che ancora mi sono rimasti. Circa i Bellonari supposti dal Maffei, vedo ora che egli malamente sbagliò, e anche io ne sospettava per la maniera del vestire, e per non aver essi l’alloro in mano, siccome nel nostro veggiamo, o in quello rapportato dallo Sponio e dal Monfocone. Circa la collana poi, vedo che il mio disegnatore ha fallato, mentr’essa alla fine ha due teste di cane che stanno in atto di morder la gemma che serra la detta collana. Cani chiamavansi alcuni cerchi, e forse simboleggiano le morsicature alle spalle che si davano i Bellonari, siccome [c. 13 v.] de’fanatici ce ne fa fede Apulejo. Pulvinar era anche detto del lettisternio, su cui portavano intorno le deità e non sarebbe forse più naturale la spiegazione col dire che il nostro L. Lartio Anto fosse colui che quando la Dea Bellona attorno portavasi nel pulvinare, andasse questuando l’elemosina per l’epulo che poi facevasi dai sacerdoti, mentre leggo nello stesso Apulejo sul fine dell’VIII libro delle sue Metamorfosi, che così appunto facevano i fanatici della dea Sivia, dopo d’essersi nell’andare in giro colla lor dea tagliati gli omeri, e laceratosi il corpo per fare maggiore questuazione. Questa maniera di questuare colle Deità l’abbiamo da molti antichi scrittori come pure da M. Varrone al libro 4 de Lingua latina, e da Tertulliano nell’Apologetico. Se ha Lipsio alle mani, lo veda al XIV degli Annali di Tacito. Quella collana al collo forse dinota il rotamento di capo che detti fanatici solevano fare, siccome chiaramente lo dice il citato Apulejo e Luciano ancora con queste parole crinemque rotantis, Sanguinei populis cecinerunt tristia Galli. L’ede o Tempio di Apolline, non è improbabile che la statua avesse di Argento, e io credo che sia quella appunto [c. 14 r.] che Nerone fece col Tempio nel Vaticano vicino al quale sta situato il Monte Mario, o Marzio che dir vogliamo. Questo imperatore amantissimo della musica, ad Apollo eresse tal tempio, ond’io argenteo credevo che si dicesse perché un tal epiteto [...] anche ad Apollo da alcuni Poeti greci vien dato. Io credo che con tal lapida o monumento fissar si venga anche il luogo (da alcuni messo in contesa) del martirio del glorioso S. Pietro, mentre nell’Anastasio leggiamo che egli martirizzato fu propre templum Apollinis in Vaticano. Credibile dunque mi sembra che i campi ad esso vicini per la sola distanza d’un miglio, ad esso Apolline fossero consacrati, e però con ragione si dica in agro Apollinis argentei. E per verità anche nel di lei dotto sistema non par credibile che un’edicola fosse quella di cui il monumento nostro favella, se avea la statua d’argento. Certamente il detto monumento in quel luogo appunto dove fu posto con il Sepolcro di C. Quinzio Rufino, cavato fu nella nostra vigna di Monte Mario, che è alle falde del Monte Vaticano, mentre sotto di esso ritrovossi la sepoltura tutta fatta a piccole pietre quadrate opere tessellato: onde sul luogo si può con fondamento [c. 14 v.] fissare sistema, non potendosi sospettare che una tal pietra sia stata portata a caso. Circa l’ornato della corona vorrei sentire se approva le mie conghietture, cioè se quei ritratti che in essa sono dir si possano uno Roma, che è nudata nel destro omero, l’altro Marte e il terzo Pallade, o Bellona, oppure se inclina più a credere che sien monete rappresentanti le Canefore di Pallade per indicare che il nostro Cistoforo avea l’ufficio di questuare quando attorno portavasi nel pulvinare la dea, siccome ho detto di sopra. Soggetto anche alla vasta di lei erudizione la terza mia conghiettura, ed è se rappresentinsi in quelle immagini i maggiori di Appio Claudio il Crasso, che fu poi [...], mentre si sa da Plinio che egli edificò il tempio di questa Dea, e collocar vi volle i ritratti de’ suoi antenati. Vengo con questa frettolosissima lettera ad interromperla da’ suoi dotti studi, ma doni all’amore della verità questo mio replicato ardimento; e si assicuri che farò noto al pubblico colle stampe la somma venerazione che le professo e per cui mi glorio e glorierò sempre di poter dirmi. (Firenze, Biblioteca Marucelliana, BVII 3, f° 13v-14r – online).