Lelio Pasqualini - Nicolas-Claude Fabri de Peiresc - 1609-1-31

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Lelio Pasqualini, Rome

Lelio Pasqualini - Nicolas-Claude Fabri de Peiresc - 1609-1-31
FINA IDUnique ID of the page  10156
InstitutionName of Institution. Carpentras, Bibliothèque Inguimbertine
InventoryInventory number. Ms. 1831, f. 51r-55v
AuthorAuthor of the document. Lelio Pasqualini
RecipientRecipient of the correspondence. Nicolas-Claude Fabri de Peiresc
Correspondence dateDate when the correspondence was written: day - month - year . January 31, 1609
PlacePlace of publication of the book, composition of the document or institution. Rome 41° 53' 35.95" N, 12° 28' 58.55" E
Associated personsNames of Persons who are mentioned in the annotation. Markus Welser, Adolf Occo, Abraham van Goorle, Fulvio Orsini, Sebastiano Erizzo
LiteratureReference to literature. Erizzo 1559Erizzo 1559, Orsini 1577Orsini 1577, Occo 1579Occo 1579, Goorle 1605Goorle 1605, Missere Fontana 2009, p. 76, note 260, p. 96, note 370Missere Fontana 2009, Carpita - Vaiani 2012, n° XXXII, p. 176-183Carpita - Vaiani 2012
KeywordNumismatic Keywords  Dissertation , Unpublished Book , Roman , Nero , Ostia , Book Production , Roman Republican , Plagiarism , Conob , Coin Die , Caracalla , Casts , Tyre , Antioch , Trajan , Hadrian , Gems , Gallienus , Aelius
LanguageLanguage of the correspondence Italian
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Grand documentOriginal passage from the "Grand document".

-Lettre du 31 jan. 1609 (de Rome) : envoi le manuscrit inachevé de son Discorso delle medaglie, avec des développements sur le port de Néron et la colonne d’Hercule ; « [c. 51r] Molto illustre Signore mio osservandissimo, Io mi trovo il più confuso huomo del mondo, et perché Vostra Signoria lo giudicherà meglio che io non saperei scrivere, le dirò solo che hieri che fu alli xxvj del presente alle diciott’hore hebbi le lettere di Vostra Signoria portate dal Navicellaio: la cassetta non si potè haver hieri per non stare in Dogana i ministri il dopo pranzo. L’ho havuta questa mattina, et il padrone della Banca mi ha detto, che bisogna, che habbia la risposta domani ad ogni modo: hor pensi Vostra Signoria che dolor io sento di vedermi soprafatto da tante cose vosì nobili, così belle, et così rare, et somma da così esquisiti frutti della sua infinita cortesia, et non haver pur tempo da ringratiarnela con parole, non che possa darle alcuna sodisfattione, come vorrei; se però può haver alcuna sodisfattione da fatti miei; anzi dirò più il vero, senza poterle quasi pur vedere, che hoggi, alle due hore di notte appena ho finito di leggere le sue lettere. Costretto adunque dalle necessità anderò toccando alcuni pochi capi delle sue lettere coe meglio potrò, scriverò poi per l’ordinario di Lione qualche altra cosa, et l’aviserò del dirizzo, che si potrà tenere in Ostia: in tanto le dico, che si farà questo anno il Capitolo generale dell’Ordine Carmelitano: se vi è alcuno monasterio nella Provincia d’Aix, crederei che questa fosse la miglior strada di tutte.Hora venendo alle sue lettere, dico, che il discorso di che io le scrissi, non era generale intorno a tutte le anticaglie, ma particolare di alcune cose richiestemi 2 da amici miei, come occorre: et disiderai di mandarlo, seben non era finito perche ella conoscesse, che si va pur facendo alcuna cosa, non ostante gli impedimenti famigliari; et che io non scriveva allora quei particolari perche mi fossero venute a noia le cose antiche: hora qualunque si sia l’haverà con questa lettera [51v] io non so se sarà scritto bene, perche non ho tempo da rileggerlo. Del resto dico ingenuamente à Vostra Signoria che darei fuori volentieri tutte le cose mie, et ne sono stimolato oltre modo da diversi, et massimamente dal signor Marco Velsero: il qual si è offerto ancora di farle intagliare, et stampare: et conosco chiarissimo che sarebbono di qualche giovamento, per la notitia, et per la varietà di tante cose; non vi essendo ancora stato chi n’habbia fatta maggior conserva in questo genere, di così parlando di cose proprie, non di raccolte da diversi, come ha fatto l’Occone, et almeno se ne haverebbe fedeltà, et sicurezza; il che non si è ancora veduto di niuno fin à questi tempi: et certo quando io ho aperto il libro delle medaglie del Gorleo, son restato scandalizzato; et ho conosciuto, che ha copiato dall’Orsino; perche la prima vista incontratami fu di una medaglia della famiglia Sicinia nella qual sono queste lettere FORT P R cioè Fortuna populi romani, egli nondimeno, cavandolo dall’Orsino, dice imago fortitudinis; che sono così che non possono essere dette, se non da chi stima essere solo al mondo nella professione degli studij, per non dir peggio: ma torniamo alle nostre cose: io dalla sincerità, et sicurezza detta in poi, conosco di non poter promettere altro di me et so che io non m’inganno: ben è vero, che per darle fuori vi vorrebbe alcuno *** et alcune note, che per farle vi è bisogno di tempo, et di quiete, di che et per natura, et per accidente, io son primo à fatto.5 Io ho facoltà di testare, ma quando i Camerali vogliono opponere, non vale cosa niuna, come è intervenuto molte volte sotto Clemente: in somma chi vuole stare sicuro, non bisogna che habbia cosa da generar sete in altri: io la ringratio quanto posso dell’opera così straordinaria, che mi offeriva in questo negotio; et l’ [52r] assicuro che io non ho amico o padrone al mondo del quale io mi prometta tanro et da cui riceva favori con tanto mio piacere, quanto da lei; di maniera che ho da restarle sempre con doppio obligo, l’uno del favore, et l’altro del piacere che ne sento, ricevendolo da lei. 6 Quando Vostra Signoria mi mandò le medaglie del Dio Luno con testa ornata di Capuccio simile alla Cidari, ella non mi scrisse niun particolare sopra ciò; onde io mi mossi à scriverle, come feci; et dissi quella testa essere di Diana; et credendomi non haver difficoltà dissi poterle bastare per prova la medaglia dell’Erizzo: hora le soggiungo, che la distintione del nome della Luna di maschio et femina che fa Vostra Signoria in questo caso mi piace; ma non per tanto non la giudico necessaria; perché gli Autori tutti, et Spartiano stesso concludono che sia un nume solo adorato da diversi sotto un nome hor di maschio, hor di femina [a margine]: senza altra differenza [fine] : et Vostra Signoria può vedere nella sua medaglia di Severo, che mi ha mandata, che la figura del rovescio è vestita di lungo à modo di femina: et finalmente, per levare ogni scrupolo, mando à Vostra Signoria una figura cavata da un marmo qui in Roma, che può bastare di vantagio in questa materia 7 Non voglio restar di dire che io non ardirei mai di affermare sicuramente, che simili capucci, che non hanno quelle due bande pendenti di dietro fossero veramente cidari, poi che simili capucci si veggono dati dalli antichi à servi, à captivi, a posteri, ad huomini, à donne, à provincie, à vecchi, à giovani. ad heroi, et alli Dei: et questo è così noto, che non ha bisogno di alcuna prova, massime per chi è patito delle medaglie 8 io feci già un poco di discorso in questa materia della cidari, et lo mandai al signor Marco Velsero, lo manderò à Vostra Signoria se però potrò copiarlo; perche non lo posso dare ad altri, dovendosi cavare da una bozza di una lettera lunghissima, malissimo scritta, pet postillata, et cassata di maniera [52v] che non sarebbe intesa da niuno: et certo spero di poterlo scrivere , perché il navicellaio mi ha fatto hora intendre, che non può più partire fin à domenica, che mi è stato di molto contento.9. L’ispositione ch’io già dissi in Roma à Vostra Signoria per quelle linee disegnate à modo di croce nella medaglia di Costantino, era cavata dal libro di Plutarco De pietate erga fratresm su’l principo, dove egli descrive certa figura di linee che facevano gli Spartiati, per denotare i fratelli: non ne dico più oltre, rendendomi sicuro, che Vostra Signoria se ne ricorderà, et potendolo vedere in Plutarco.10. Io non scrissi delle lettere, CONOB, trovate in moneta d’argento di uno Hadriano, per rimuovere Vostra Signoria di alcuna opinione che habbia intorno à ciò; ma si bene, perche ella mi havea scritto, che io l’avisassi se io haveva tali lettere in medaglie d’argento; et altri particolari, come le lettere CORNOB che io ho in medaglie d’oro, tutto scrissi per aviso, et per servire Vostra Signoria et per ciò non le replico altro: massimamente che ogni medaglia d’argento, che se ne trovasse, si potrebbe credere fatta ad imitatione, o cambiato il conio come ella dice: 11 la moneta mia non è del medesimo conio, che quella di Vostra Signoria se bene è l’istessa in ogni parte, come ella vederà dal getto, che le manderò. Non debbo restar di dirle, che vo pensando, che tal moneta non sia di Papa altramente; tal che i due PP, nel fine dell’inscrittione direbbono, Pater Patriae, o perpetua augustus, o altro simile: quello, che mi fa entrare in questo pensiero si è una moneta, che io ho veduta, che da una parte ha una testa con lettere SANCTVS PETRVS, dall’altra ha un circolo con tali caratteri [simbolo], et lettere intorno, KAROLVS PP + ; del qual nome io non ritrovo, che si sia mai chiamato Papa niuno.13 Mi è piaciuto sopra modo la medaglia di Caracalla giovane col Cane che divora la porpora: Io ancora me ne trovo alcune medaglie, et molti intagli: non en mando impronti, per non potere stare à paragone del suo sardonio. [53r] Delle due colonne, o altro che sia, che si veggono nelle medaglie di Tiro, non ho che dirle hora: ben prometto di pensarci, et scrivernele poi. 14. Della Antiochia con quella figura sotto i piedi, non posso hora dirle niente, perché è materia, che vuol molto tempo: tanto più che io vo pensando di farne discorso, radunando insieme tutte le cose già dette.Ho havuto molto piacere veramente della notitia datami del viaggio suo d’Inghilterra, et della Fiandra, per’l piacer proprio di Vostra Signoria et per la cognition di tanti huomini illustri, et di tante cose belle; di che la bontà sua mi ha fatto partecipe: 15 La medaglia dell’Imperador Johannes, è molto rara, et serviva bene contra i sofisti hodierni, che non vogliono che si scriva tal nome con aspiratione: io ne ho una piccola di metallo, pur così scritta come la sua d’oro.16 La medaglia di Traiano colla fenice è cosa molto nobile, et mi è piacciuta grandemente, per l’ispositione, che io do alla mia di Hadriano; dalla qual si vede, che pigliarono poi essempio i posteri di formar l’eternità, o il secol nuovo, per una figura colla fenice in mano: quello che ha ne’ piedi non credo io che sia serpe, ma cosa misteriosa, et bellissima più ch’altra di quello animale; ma perché non me ne risolvo bene, et non ho tempo da dirne quello che mi trovo osservato dalli autori di questo uccello, per ciò mi dilibero à riserbarlo per un’altra volta: ben le dico hora che di bellezza gli autori danno al pavone il primo luoco.17 Haverà Vostra Signoria il disegno del Parazonio: io credeva, che il fodero fosse di metallo ma l’habbiamo trovato d’acciaio di tanta durezza, che nel nettarlo i ferri gettano foco, et si guastano tutti: il fondo cioè l’acciaio è di color negro commesso tutto d’argento, ma molto guasto dalla rugine; tal che non se n’è potuto nettare, se non poca parte, per timor di romperlo: sotto l’acciaio vi è legno che si conosce benissimo: seguita poi il pugnale molto sottile; il quale appena si può toccare, tanto è putrefatto: ma in vero, che l’ornamento del fodero, e tanto vago et bello, quanto altra cosa che si possa vedere in questo genere. [53v] 18. Haverà uno di quelli anelletti, di che già le scrissi, nel quale è un cameo legato, che ha un cupidine in piedi, che s’appoggia ad un bastone, seperò non è la facella sua: se ne trovano de’ più grandi due et tre, et quattro volte: basta al mio proposito, che non sono atti ad essere portati in dito da creatura humana: tutti questi piccioli simili hanno camei legati et vi sono teste d’imperadori, et d’imperatrici al naturale molto belle: gli altri più grandetti hanno pietre diverse intagliate variamente; et ve ne sono con lettere ancora sole intagliate.Il Diogene lo lascieremo nel suo doglio fin ad altra occasion di scrivere.19. A proposito del Miltiade, del Achille, et della Cassandra dico prima in genere che non vi è cosa più difficile in tutto lo studio dell’antichità, che il conoscere l’antico, et il moderno, dico quando si hanno le cose proprie in mano: et io ho scoperto più volte Cesare stesso, che si è gabato, et ne chiamo Dio in testimonio, poi che non posso darne altra prova; et anco ne l’ho fatto accorgere alcuna volta, et l’ha confessato: hor pensi Vostra Signoria come si può parlare sopra un impronto, senza altro: io non ho dubio ch’io doveva tacere, per assicurarmi di non far errore; et l’haverei fatto, se havessi havuto più riguardo à me, che al desiderio et al debito di servir Vostra Signoria 20 et con questo presuposito hora le dico, che l’intaglio del Miltiade temo, che sia moderno; et non lo dico sicuramente, si come non lo dissi ne anco la prima volta, che io ne scrissi à Vostra Signoria.Dell’Achille affermo bene che non è buono.Della Cassandra, o altro che sia, che se ben mi par lei, non lo giurerei però, dico di nuovo, che quei sardonij de’ quali scrissi allhora, o sono veramente moderni o sono antichi fatti alla moderna. 21 All’oppositione, che fa Vostra Signoria al mio intaglio della nudità di quella figura, rispondo [54r] che ne l’idolo, ne la figura è ignuda, ma vestita; se ben l’artefici, per haver occasione di mostrare l’arte sua, secondo il costume ordinario de’ buoni, le ha fatto cadere il vestimento dalle spalle, se non è più tosto per dichiarare l’atto del timore, et della fuga, et forse della villania fattale da Aiace, come dichiarano anco le chiome sparse: così la vederà Vostra Signoria in Antonio Agostino, al Dialogo V et se quella di Vostra Signoria è tutta vestita, non saperei che dirmi altro, che quello che disse Apelle ad un suo discepolo, che havea dipinto una figura tutta vestita molto pomposamente; cioè che l’artefice habbia havuto molto giudicio in farla ben copertam poi che non poteva farla bella: et quando ancora fosse tutta ignuda, non crederei, che fosse errore, perche dice Plinio l lib. 34. c.v. che Graeca res est nihil velare: et Virgilio et Homero assegnano marito à Cassandra, et Pausania [sovrascritto] lib. 2 [fine] dice lei haver partorito Teledamo, et Pelope.22 Dell’atto ancora che fece la dea in rivoltarsi non parem che ne nasca difficoltà rilevante contra l’intaglio: si perché si può intendere, et forse è il vero senso degli autori, che quell’atto fossi del capo solo; si anco perché l’atto della Dea potè farsi dopo che Cassandra fu spiccata da Aiace sull’altare: oltre ciò si nota, che alcuni scrittori vogliono che Aiace vitiasse Cassandra nel tempio, et che per ciò Diana si rivolgesse, per non vedere atto così impudico, et contrario à lei; altri vogliono, che non la vitiasse, ma la conducesse captiva al suo padiglione; et in tal caso non par necessario il rivolgimento della dea: et à gli artefici è lecito di appigliarsi à qual senso più lor piace, cavando gli argomenti delle opere loro dalli autori, come dice Pausania. Et non è dubio, che bisogna intendere, che la statua della Dea fosse passata sopra l’altare, o altra substruttione contigua; et forse che fosse grande al naturale; ma è solito degli artefici buoni di far quasi sempre le figure o altre cose prencipali dell’intention loro con ogni commodità di rito, et di forma; tal che non patiscono in niuna parte, et forniscano à prima vista gli occhi de’ riguardanti: l’altre cose poi accessorie le facevano come potevano, et tal hora le accennavano solamente, accomodandosi al lusco et alla necessità: così vederà Vostra Signoria [54v] nelle medaglie, dove sono are et figure insieme, che l’ara non arriva à gran pezzo alle ginocchia della figura, massimamente se è sedente; così vederà figure con insegne militari in mano, le quali insegne non sono lunghe la metà delle figure: lascio altre sproportioni simili di monti, di archi, di colonne, et di altre cose, che Vostra Signoria può vedere frequenti nelle medaglie.23 Non ho potuto haver l’impronto della medaglia, della quale ella ne ha acquistata una simile; ma l’aviso hora, che le lettere della mia sono queste chiarissime C MITREIVS L F MAG IVVENT tal che discordano da quella di Vostra Signoria nella seconda lettera del nome, et nell’ultima dell’inscrittione, che sta così NT [sigla], Vostra Signoria potrà rivedere la sua diligentemente, che dal getto io non posso comprendere niente: sotto all’edificio del rovescio della mia vi è questo numero, VI, fatto in cavbo, non di rilievo, come l’altre lettere: et da questi numeri si può argomentare, che l’huomo vivesse à tempi di Augusto, che fece i medesimi numeri frequentemente nelle sue medaglie: ben è vero, che io no medaglie di Costantino, et de’ più bassi ancora con numeri semplici ne rovesci, ma non sono della maestria di questa.24 Quanto al Leliano è facil cosa, che si sia intesa male dalli antiquari quella inscrittione; et i libri, et le medaglie poco conservate ne possono essere stata cagione la mia in ogni parte è quella istessa, che mette l’Occone sotto à Gallieno, con nime di Eliano: a me è stato carissimo l’avvertimento, che ha cavato Vostra Signoria dalla sua medaglia di questo nome, perche essendo tutti i libri scorretti in questo, et non essendo ordinariamente distinte le lettere nella medaglie, non si poteva indovinare.25 La testa con le lettere L L C mi pare antica sicuramente: io non so cavare senso dalle lettere, ci penserò, et se mi occorrerà cosa, che io giudichi à proposito, ne darò aviso à Vostra Signoria.26 Mi è stato d’infinito contento l’acquisto fatto da Vostra Signoria dell’intaglio bellissimo dell’C, pe’l piacere, che ragionevolmente ne sente Vostra Signoria et per [55r] l’acquisto stesso, che è tale, che non troverà facilmente paragone: io veggo, che ci vuol dar da fare un pezzo, ma in vero merita ogni fatica, per la bellezza sua: il discorso fattoci da Vostra Signoria mi piace, ma non posso dirle altro hora: che scrivo solo ciò che mi sovviene così all’improviso: et per ciò è necessario, et molto conveniente all’angustia del tempo, che Vostra Signoria mi scusi in molte cose.27 Le mando la calamita, che mi restò di quella, che già le diedi, et un pezzo, che ne ho ritrovato di nuovo, che credo, che la serviranno, come si dee.28 Del ritratto mio, che ella mi domanda, non so che dirmi altro, se non che se io potessi negare à Vostra Signoria cosa che disideri di me, lo farei hora volentieri, havendolo negato alli parenti ancora pertinacemente sempre; la ragione confesso, che è quella sola ordinaria di non parer vano, et leggiero; et di conoscerem cge non è in una cosam che meriti tal memoria al mondo, oltre che non mi posso scordar mai della virtuosa ambitione di Catone, che disidero che fosse dimandato, perché fra gli altri suoi cittadini eccellenti non gli fosse stato messa statoa à lui ancora; più tosto, et perché gli fosse stata messa: et Vostra Signoria si piglia un gran peso adesso à doverne rendere ragione: già mi fu accennato dal Borgianni questo suo disiderio, ma in effetto io non mi ci sapeva accommodare: hora dee prevalere il servigio di Vostra Signoria ad ogn’altro rispetto; et quello, che mi ha fatto dire certa mia passione particolare, le servirà ò lei, et al mondo, per protesto della mente et della intentione mia in questo negotio: nel resto conosco interamente quanto obligo ne debbo all’affettione, che per sua bontà mi porta.29 Al discorso di Vostra Signoria intorno à Carlo Magno risponderò, quando haverò fatta alcuna diligenza di quello, che ella disidera: per hora le mando il piombo [55v] originale, di che già le mandai impronto; le mando ancora alcune monete di francia; del Re Offa d’Inghilterra che fu il primo che fece tributario quel regno alla sede apostolica: de’ longobardi, et altre, non ordinate, come quelle di Vostra Signoria ma confuse, come le ho havute, per non poter più: non vi è cosa di buono, ma le mando quanto ho potuto havere.Vostra Signoria ha torto à far senza del non scrivere di sua mano, perché non dee, et per gli impedimenti, et per ogn’altra cosa, et io per me farei scrivere ad altri volentieri, per l’infermità, che io ho nel braccio diritto, se le cose che io scrivo fossero da essere vedute così da tutti. Resterebbe hora, che io la ringratiassi di tanti favori suoi verso di me, ma non potendolo io fare come vorrei, et come debbo, mi risolvo di rimettermene al finissimo giudicio di Vostra Signoria la qual se crede, che io riceva le gratie sue in quel grado, che mi si conviene, et che io riceva le gratie sue un quel grado, che mi si conviene, et che in me si ritrovi alcuna favilluzza di creanza, et di gratitudine non ho dubio, che non conosca manifestamente quanto obligo gliene senta, et in che maniera potrei poternela ringratiare: onde restandomene perpetuamente al suo servigio le [sovrascritto] bacio la mano [fine] et le prego ogni contento. Di Roma, l’ultimo di gennaio 1609 Di Vostra Signoria Illustrissimaservitore affettionatissimoLelio Pasqualini” (Carpentras, Bibliothèque inguimbertine, Ms. 1831, f. 51r-55v ; voir Missere Fontana 2009, p. 76, note 260, p. 96, note 370 ; Carpita & Vaiani 2012, n° XXXII, p. 176-183).