Sebastiano Erizzo - Pirro Ligorio - 1570-5-23: Difference between revisions

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|Grand document=-Lettre du 23 mai 1570 (de Venise) : Erizzo salue sa réputation : « chi vuol intendere le cose abstruse, e difficili dell’antichità, gli fa bisogno ricorrere al signor Pirro Liogrio, come facevano gli antichi, che cercavano le risposte delle cose segrete da Apollo Pitio » ; « Molto mi è piacuta la etimologia della voce medaglie ; et intendo dove derivata […]. La materia poi delle monete, della quale così partitamente, et ampliamente ella mi scrive, mi ha dato grande soddisfacimento ; vedendo come delle monete d’oro, d’argento, e di metallo profondamente tratta in questo suo discorso, e come pone dinanzi i varii segni del peso delle monete in rame. Benché quanto poi alle medaglie in rame degli Imperatori Romani di varii pesi, e grande battute, che V.S. fa essere le medesime con le monete, io sia con lei di differente opinione ; tenendo io insieme con molti altri, che queste tali fossero più tosto battute per memorie, che monete da spendere siccome nel mio discorso sopra le medaglie già stampato, provo con molte, e buone ragioni » ; Erizzo demande a Ligorio comment on peut « provare l’Istoria » si des magistrats privés avaient autorité pour battre monnaie (Vicenza, Biblioteca civica Bertoliana, Ms 277, 167v-169r; Vagenheim 2007, p. 569 ; F. Missere Fontana 2013, p. 337, note 98, p. 339, notes 117-118).
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|Grand document=Lettre du 23 mai 1570 (de Venise): "A MESSER PIRRO LIGORIO Hieri sera, ritornato a casa, io ritrovai le disiate lettere di vostra signoria scritte di 18 del mese presente, le quali quanto contento mi habbiano apportato, non saprei con parole spiegare. Solo dirò che nella materia ch’io le scrissi, intorno a cui havea caro d’intendere il suo parere, molto veramente mi sono compiacciuto conchiudendo fra me stesso che chi vuole intendere le cose abstruse// [c. 168r] e difficili delle antichità, gli fa bisogno ricorrere al signor Pirro Ligorio, come facevano gli antichi che cercavano le risposte delle cose segrete da Apollo Pithio; il che sia detto senza adulazione, per dire la pura verità. Molto mi è piacciuta l’etimologia della voce «medaglie» et intendere donde deriva. Ho ancora havuta carissima quella parte dell’uso antico degli anelli, delle collanne, e degli altri ordini di ornamenti de’ Romani; sopra che havendomi vostra signoria incitato l’appetito, vorrei, per non andarne diguno, da lei saperne qualche particolarità del costume di queste cose. Ma la materia poi delle monete della quale così partitamente, et ampiamente ella mi scrive, mi ha dato gran sodisffacimento; vedendo come delle monete d’oro, e d’argento, e di metallo profondamente tratta in questo suo discorso; e come pone dinanzi i varii segni del peso delle monete in rame. Benché quanto poi alle medaglie in rame degli imperadori romani, di varii pesi e grandezze battute, che vostra signoria fa essere le medesime con le monete, io sia con lei di differente opinione, tenendo io insieme con molti altri che queste tali fossero più tosto battute per memori che per monete da spendere; sì come nel mio discorso sopra le medaglie già stampato, provo con molte e buone ragioni. Quanto al talento attico, mi sarebbe carissimo da lei intendere quello che voleva; et se era un certo determinato peso di tanta pecunia; et quanti denarii romani valeva; et a quanti ducati d’oro di tempi nostri risponderebbe. Ma quanto poi alle note «S.C.» overo «EX. S.C.», signate in tante medaglie antiche, le quali, non solo in quelle de gli imperadori in rame veggiamo, ma ancora in alcune delle monete consolari in argento, et in niuna degli imperadori in oro, né in argento, et perché in alcune si ritrovino signate, et in alcune no, il suo bel discorso mi è piacciuto. Nondimeno si porebbe fare una instantia, overo richiesta a vostra signoria, ond’è che dapoi il decreto, o la concessione determinata dal senato, del battere quella moneta, fra lo spacio di quel tempo, nel quale non si tor=// [c. 168v]=nava a variare la detta moneta, se ne veggono però degli imperatori romani di tanti varii conii, con varietà infinita di rovescii, di varie età, et anni dell’imperio loro, di varii pesi e grandezza, di più prezioso e più vile metallo e sempre coll’«S. C.», né mai alcuna delle suddette si ritrova senza «S. C.», perché di tali medaglie di metallo battute in Roma io no so trovarsene alcuna, che sia senza le sudette note; perciocché le altre, che non l’hanno furono battute da Popoli esterni. E se questa determinazione e decreto del Senato aveva avuto luogo nelle monete in rame, doveva ancora avere effetto dapoi in quelle in argento, et in oro, tuttavia non si leggono le due lettere «S. C.» nelle monete degli imperatori in oro né in argento. Conciosiaché sii stato prima coniato in rame, poi l’argento et ultimamente l’oro e tutti questi metalli in varii tempi; sopra il qual dubbio mio che rileva et è importante prego vostra signoria a scrivermi in risposta alcuna cosa. Vorrei ancora a tal proposito ch’ella mi dasse lume come si possa provare con l’istoria che non solo i signori assoluti di Roma, come furono i consoli et i dittatori in tempo della repubblica et poi sotto l’imperio essi imperatori, m’ancora gli altri magistrati della città avessero autorità dal senato di far batter monete, com’erano i proconsoli, pretori, pro-pretori, i questori, che avevano il carico di riscuotere il denaro pubblico, proquestori, tribuni, edili, et altri, eccetto li triumviri monetali, ch’erano signori deputati a tal cura in Roma nella zecca; e come presidenti al battere delle monete, sì come i consoli e nei tempi che poi succedettero gli imperatori, ne erano al tutto padroni, secondo che noi nelle une, e l’altre monete per gli loro distinti nomi conosciamo, ch’erano notati in quelle; cioè sotto i lor consolati, e imperi. Conciosiaché questa cosa mi parrebbe che fosse stata di grande indignità e poca riputazione de’ primarii signori della città che altri ch’essi avesse ricevuto dal senato autorità di coniare la propria moneta: proponendomi dinanzi per via di esempio, che nella nostra republica non si concederebbe dal senato ad alcuno de’ maggiori magistrati, che per veruna occasione potesse battere moneta nella città fuorché al principe sotto la cui effigie et nome di tempo in tempo li Signori della Zecca hanno la cura di far// [c. 169r] battere esse monete. E se ciò è fatto con ragione, come dobbiam noi credere che altrimenti e fuor di ragione i Romani nelle loro facessero. Questo tanto io ho voluto in tal materia scrivere a vostra signoria per acquistarne da lei maggior lume in cosa tanto difficile, piuttosto per imparare che oppormi alla sua oppinione et al dottissimo suo discorso. Sopra che attenderò sua risposta. La lezione giudiziosa delle lettere abbreviate nella moneta di Pompeo propostale m’è sommamente piaciuta. Né essendo questa per altro che per salutarla le bacio le mani. Di Vinegia li XXIII di maggio 1570".
 
Erizzo salue sa réputation : « chi vuol intendere le cose abstruse, e difficili dell’antichità, gli fa bisogno ricorrere al signor Pirro Liogrio, come facevano gli antichi, che cercavano le risposte delle cose segrete da Apollo Pitio » ; « Molto mi è piacuta la etimologia della voce medaglie ; et intendo dove derivata […]. La materia poi delle monete, della quale così partitamente, et ampliamente ella mi scrive, mi ha dato grande soddisfacimento ; vedendo come delle monete d’oro, d’argento, e di metallo profondamente tratta in questo suo discorso, e come pone dinanzi i varii segni del peso delle monete in rame. Benché quanto poi alle medaglie in rame degli Imperatori Romani di varii pesi, e grande battute, che V.S. fa essere le medesime con le monete, io sia con lei di differente opinione ; tenendo io insieme con molti altri, che queste tali fossero più tosto battute per memorie, che monete da spendere siccome nel mio discorso sopra le medaglie già stampato, provo con molte, e buone ragioni » ; Erizzo demande a Ligorio comment on peut « provare l’Istoria » si des magistrats privés avaient autorité pour battre monnaie (Vicenza, Biblioteca civica Bertoliana, Ms 277, cc. 167v-169r; Melchiorri 1825, p. 23-26; Vagenheim 2007, p. 569; Missere Fontana 2013a, p. 337, note 98, p. 339, notes 117-118; Marconato 2018, p. 290-291).
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Sebastiano Erizzo, Venice

Sebastiano Erizzo - Pirro Ligorio - 1570-5-23
FINA IDUnique ID of the page  4771
InstitutionName of Institution. Vicenza, Biblioteca civica Bertoliana
InventoryInventory number. Ms 277, cc. 167v-169r
AuthorAuthor of the document. Sebastiano Erizzo
RecipientRecipient of the correspondence. Pirro Ligorio
Correspondence dateDate when the correspondence was written: day - month - year . May 23, 1570 JL
PlacePlace of publication of the book, composition of the document or institution. Venice 45° 26' 13.88" N, 12° 20' 4.52" E
Associated personsNames of Persons who are mentioned in the annotation.
LiteratureReference to literature. Erizzo 1568Erizzo 1568, Melchiorri 1825, p. 23-26Melchiorri 1825, Vagenheim 2007, p. 569Vagenheim 2007, Missere Fontana 2013a, p. 337, note 98, p. 339, notes 117-118Missere Fontana 2013a, Marconato 2018, p. 290-291Marconato 2018
KeywordNumismatic Keywords  Book , Roman , Medals , Price , Roman Republican , Coin Die , Roman Provincial , Mint , Pompey
LanguageLanguage of the correspondence Italian
External LinkLink to external information, e.g. Wikpedia  http://paduaresearch.cab.unipd.it/10511/1/marconato claudia tesi.pdf
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Grand documentOriginal passage from the "Grand document".

Lettre du 23 mai 1570 (de Venise): "A MESSER PIRRO LIGORIO Hieri sera, ritornato a casa, io ritrovai le disiate lettere di vostra signoria scritte di 18 del mese presente, le quali quanto contento mi habbiano apportato, non saprei con parole spiegare. Solo dirò che nella materia ch’io le scrissi, intorno a cui havea caro d’intendere il suo parere, molto veramente mi sono compiacciuto conchiudendo fra me stesso che chi vuole intendere le cose abstruse// [c. 168r] e difficili delle antichità, gli fa bisogno ricorrere al signor Pirro Ligorio, come facevano gli antichi che cercavano le risposte delle cose segrete da Apollo Pithio; il che sia detto senza adulazione, per dire la pura verità. Molto mi è piacciuta l’etimologia della voce «medaglie» et intendere donde deriva. Ho ancora havuta carissima quella parte dell’uso antico degli anelli, delle collanne, e degli altri ordini di ornamenti de’ Romani; sopra che havendomi vostra signoria incitato l’appetito, vorrei, per non andarne diguno, da lei saperne qualche particolarità del costume di queste cose. Ma la materia poi delle monete della quale così partitamente, et ampiamente ella mi scrive, mi ha dato gran sodisffacimento; vedendo come delle monete d’oro, e d’argento, e di metallo profondamente tratta in questo suo discorso; e come pone dinanzi i varii segni del peso delle monete in rame. Benché quanto poi alle medaglie in rame degli imperadori romani, di varii pesi e grandezze battute, che vostra signoria fa essere le medesime con le monete, io sia con lei di differente opinione, tenendo io insieme con molti altri che queste tali fossero più tosto battute per memori che per monete da spendere; sì come nel mio discorso sopra le medaglie già stampato, provo con molte e buone ragioni. Quanto al talento attico, mi sarebbe carissimo da lei intendere quello che voleva; et se era un certo determinato peso di tanta pecunia; et quanti denarii romani valeva; et a quanti ducati d’oro di tempi nostri risponderebbe. Ma quanto poi alle note «S.C.» overo «EX. S.C.», signate in tante medaglie antiche, le quali, non solo in quelle de gli imperadori in rame veggiamo, ma ancora in alcune delle monete consolari in argento, et in niuna degli imperadori in oro, né in argento, et perché in alcune si ritrovino signate, et in alcune no, il suo bel discorso mi è piacciuto. Nondimeno si porebbe fare una instantia, overo richiesta a vostra signoria, ond’è che dapoi il decreto, o la concessione determinata dal senato, del battere quella moneta, fra lo spacio di quel tempo, nel quale non si tor=// [c. 168v]=nava a variare la detta moneta, se ne veggono però degli imperatori romani di tanti varii conii, con varietà infinita di rovescii, di varie età, et anni dell’imperio loro, di varii pesi e grandezza, di più prezioso e più vile metallo e sempre coll’«S. C.», né mai alcuna delle suddette si ritrova senza «S. C.», perché di tali medaglie di metallo battute in Roma io no so trovarsene alcuna, che sia senza le sudette note; perciocché le altre, che non l’hanno furono battute da Popoli esterni. E se questa determinazione e decreto del Senato aveva avuto luogo nelle monete in rame, doveva ancora avere effetto dapoi in quelle in argento, et in oro, tuttavia non si leggono le due lettere «S. C.» nelle monete degli imperatori in oro né in argento. Conciosiaché sii stato prima coniato in rame, poi l’argento et ultimamente l’oro e tutti questi metalli in varii tempi; sopra il qual dubbio mio che rileva et è importante prego vostra signoria a scrivermi in risposta alcuna cosa. Vorrei ancora a tal proposito ch’ella mi dasse lume come si possa provare con l’istoria che non solo i signori assoluti di Roma, come furono i consoli et i dittatori in tempo della repubblica et poi sotto l’imperio essi imperatori, m’ancora gli altri magistrati della città avessero autorità dal senato di far batter monete, com’erano i proconsoli, pretori, pro-pretori, i questori, che avevano il carico di riscuotere il denaro pubblico, proquestori, tribuni, edili, et altri, eccetto li triumviri monetali, ch’erano signori deputati a tal cura in Roma nella zecca; e come presidenti al battere delle monete, sì come i consoli e nei tempi che poi succedettero gli imperatori, ne erano al tutto padroni, secondo che noi nelle une, e l’altre monete per gli loro distinti nomi conosciamo, ch’erano notati in quelle; cioè sotto i lor consolati, e imperi. Conciosiaché questa cosa mi parrebbe che fosse stata di grande indignità e poca riputazione de’ primarii signori della città che altri ch’essi avesse ricevuto dal senato autorità di coniare la propria moneta: proponendomi dinanzi per via di esempio, che nella nostra republica non si concederebbe dal senato ad alcuno de’ maggiori magistrati, che per veruna occasione potesse battere moneta nella città fuorché al principe sotto la cui effigie et nome di tempo in tempo li Signori della Zecca hanno la cura di far// [c. 169r] battere esse monete. E se ciò è fatto con ragione, come dobbiam noi credere che altrimenti e fuor di ragione i Romani nelle loro facessero. Questo tanto io ho voluto in tal materia scrivere a vostra signoria per acquistarne da lei maggior lume in cosa tanto difficile, piuttosto per imparare che oppormi alla sua oppinione et al dottissimo suo discorso. Sopra che attenderò sua risposta. La lezione giudiziosa delle lettere abbreviate nella moneta di Pompeo propostale m’è sommamente piaciuta. Né essendo questa per altro che per salutarla le bacio le mani. Di Vinegia li XXIII di maggio 1570".

Erizzo salue sa réputation : « chi vuol intendere le cose abstruse, e difficili dell’antichità, gli fa bisogno ricorrere al signor Pirro Liogrio, come facevano gli antichi, che cercavano le risposte delle cose segrete da Apollo Pitio » ; « Molto mi è piacuta la etimologia della voce medaglie ; et intendo dove derivata […]. La materia poi delle monete, della quale così partitamente, et ampliamente ella mi scrive, mi ha dato grande soddisfacimento ; vedendo come delle monete d’oro, d’argento, e di metallo profondamente tratta in questo suo discorso, e come pone dinanzi i varii segni del peso delle monete in rame. Benché quanto poi alle medaglie in rame degli Imperatori Romani di varii pesi, e grande battute, che V.S. fa essere le medesime con le monete, io sia con lei di differente opinione ; tenendo io insieme con molti altri, che queste tali fossero più tosto battute per memorie, che monete da spendere siccome nel mio discorso sopra le medaglie già stampato, provo con molte, e buone ragioni » ; Erizzo demande a Ligorio comment on peut « provare l’Istoria » si des magistrats privés avaient autorité pour battre monnaie (Vicenza, Biblioteca civica Bertoliana, Ms 277, cc. 167v-169r; Melchiorri 1825, p. 23-26; Vagenheim 2007, p. 569; Missere Fontana 2013a, p. 337, note 98, p. 339, notes 117-118; Marconato 2018, p. 290-291).